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Testimonianze

Vaccino anti-Covid: siamo dalla parte dei bambini

di Monica Vaccaretti

Nella sala dell'attesa pediatrica, che quando i bambini non ci sono è diventata la nostra sala del breathing, attendo le disposizioni del giorno. Fanno l'appello, siamo in tanti. Un porto di mare. Di fronte ad uno tsunami. Siamo un manipolo, nel senso che abbiamo soltanto mani, di fronte al virus più contagioso che sia mai comparso sulla faccia della terra, peggiore del morbillo. Le usiamo per preparare circa tremila siringhe al giorno, digitare sulle tastiere le anamnesi vaccinali, somministrare il vaccino. Siamo una macchina da guerra, ce lo dobbiamo dire. E ce la facciamo perché la motivazione resta alta.

Una seduta speciale per la vaccinazione ai bambini

Nelle ultime settimane sono arrivati molti infermieri dai reparti, non è un buon segno. Siamo in tanti eppure non bastiamo mai. Hanno ridotto le attività ordinarie e i posti letto per cederli ai pazienti Covid, hanno creato reparti anche per i quarantenati. Il mio ospedale è stravolto un'altra volta, insomma. Ritrovo stamattina i colleghi delle sale operatorie e delle chirurgie specialistiche, fanno soltanto le urgenze perché i ventilatori nelle sale servono per gli intubati Covid. Ieri invece sono arrivate tutte le infermiere dei poliambulatori di un distretto sanitario periferico. Sono giorni impegnativi, tra migliaia di prenotazioni ed accessi liberi per tutti. Abbiamo prime, seconde, terze dosi. Di Moderna. Dosi di richiamo con Pfizer per la fascia di età 12-17 anni. Dosi di Pfizer pediatrico per i 5-11 anni. Oggi mi fermo qui 12 ore. Nel pomeriggio è stata organizzata una seduta speciale per la vaccinazione ai bambini e i pediatri di libera scelta vengono a raccogliere le anamnesi. Sono attesi oltre 900 bambini prenotati, ne verrà senz'altro qualcuno in più con il libero accesso.

Noi siamo ancora qui a cercare di salvare il mondo cercando di non contagiarsi

Seduta sul termosifone, non ci sono sedie per tutti, inganno l'attesa sfogliando un libro di fiabe che i dottori clown, quelli con il naso di gomma, hanno lasciato per i bambini sul davanzale della finestra. Lo apro e trovo piacevolmente autografi e messaggi dei fanciulli che sono passati nei giorni scorsi. Tanti baci, Matilde.. Un abbraccio a tutte le principesse e i principi, Rebecca. Noi bambini siamo tutti coraggiosi, Viola V.. Sorrido, per l'amore dei libri e dei bambini. Fa bene al cuore la tenerezza, soprattutto se tengo ancora addosso, oltre al sonno, lo scoraggiamento per il quadro epidemiologico e i dibattiti televisivi della sera prima sull'abolizione del bollettino giornaliero, le riduzioni delle quarantene, la rimozione dei positivi asintomatici dalla conta per evitare i cambi di colore.

E mentre i politici prendono decisioni senza senso e non riescono a star dietro alla situazione – tanto ormai ci contageremo tutti, dicono - noi siamo ancora qui a cercare di salvare il mondo cercando di non contagiarsi. Alla faccia di alcuni virologi che dicono che è soltanto un'influenza, almeno per i vaccinati, dal fronte ospedaliero non ci pare proprio. Se la pandemia fosse diventata un'endemia e se Omicron fosse davvero meno letale, noi non saremmo qui anche oggi a vaccinare come se non ci fosse un domani. E a farci tamponi ogni quattro giorni, che ogni volta speri di non essere il prossimo sanitario contagiato nel report dell'Iss.

Una lettera per combattere insieme contro il virus

Mentre il breathing finisce, mi tolgo dalla tasca della divisa una lettera piegata e la infilo nel libro di fiabe, sopra l'immagine colorata di Belle. È un bel posto per custodirla fintanto che non trovo un momento per appenderla nella sala d'attesa dei bambini. Me l'ha consegnata Sara Righetti, si è vaccinata qualche giorno dopo Natale. Si è fatta un regalo, mi ha detto, e rileggendo le sue parole credo che la sua testimonianza possa fare un regalo ad altre persone. Ci sono ragazzine che non sono più bambine, stanno in un'età di mezzo in cui si ragiona già da grandi ma si parla ancora con l'innocenza del cuore.

Incontro altri bambini come Sara, tra i mille che arrivano nel pomeriggio. Maturi, responsabili. Generalmente i bambini hanno paura della puntura, mi immagino tanti pianti e capricci come con i tamponi. Mi sorprendono, la maggior parte porge il braccio senza fare storie. E mi lascia qualcosa, dentro. Non ricordo tutti i loro nomi ma i volti sono quelli belli che solo i bambini hanno. Pelle fresca e occhi puliti.

Io sono qui oggi perché voglio che la pandemia finisca

Non sono mai stata un'infermiera pediatrica. Non ho mai punto un bambino. A parte mio figlio. Quand'era bambino, su quel lettino dell'emergenza in Pronto Soccorso, Liliana mi ha ammonito Prendila tu la vena. Se ci riesci su tuo figlio, puoi riuscirci su ogni bambino. Aveva ragione. Ecco, sta arrivando il primo bambino. Chiudo gli occhi, respiro. Sorrido. Ho fatto il primo vaccino ad un bimbo di 5 anni, mi ha detto spalancando gli occhi su un faccino simpatico Ma hai già fatto? non ho sentito niente!. Grazie a quella mia collega esperta, ora in pensione, sono riuscita a pungere un quarto di quei mille bambini in sei ore, trovando il tempo pure per un sorriso e una chiacchiera. Per il diploma di coraggio, per ciascuno di loro. E uno anche per me, a fine turno. Mi rendo conto, mentre somministro un vaccino pediatrico dopo l'altro, che offro una speranza di salute, in cambio mi ritornano indietro parole buone che danno un senso allo sforzo che stiamo facendo. I bambini sono il valore immenso da proteggere. Le 12 ore non le sento neanche, puntura dopo puntura, confortata che la bua non la sentono nemmeno. E se ne vanno via, orgogliosi di essere stati coraggiosi, seguendo gli adesivi del Re Leone sul pavimento che li conduce nella sala di sorveglianza post vaccinale.

Sono contenta, l'ho fatto perché così proteggo me stessa e la mia famiglia

Buongiorno giovanotto. Come ti chiami? Matteo. Buongiorno signora. Lei come si chiama? Ora che ci siamo presentati vorrei dirle che io sono qui oggi perché voglio che la pandemia finisca, mi apostrofa un bambino di 8 anni. Mi fa un discorso serio, sulla salute e il rispetto delle regole. Se tutti gli adulti pensassero come voi bambini, credimi la pandemia sarebbe già finita, gli rispondo desiderando stringergli la mano come si fa con i grandi per stringere un patto.

Giulia, dieci anni, abbraccia sua madre dopo essersi vaccinata. Le scende una mezza lacrima, non per il dolore ma per l'emozione troppo a lungo trattenuta nell'ansia dell'attesa. Sono contenta, l'ho fatto perché così proteggo me stessa e la mia famiglia. Adesso ride, mentre Pelatino, il dottore con il naso di gomma, le porge un palloncino a forma di scettro e fa una magia.

Qualche bimbo più spaventato non ne vuole sapere. E allora Rita, l'assistente sanitaria, sa come si parla ad un bambino per rassicurarlo e conquistare la sua fiducia. Ci sa fare, ha un bel modo, quella fermezza unita alla dolcezza. Mi piace vederla in disparte, con un fanciullo sulle ginocchia. È il suo mestiere, lo faceva da una vita. È tornata in servizio per l'emergenza Covid. Provo tenerezza mentre la guardo perché ogni volta mi rivedo bambina. In fila lungo il corridoio della scuola elementare Edmondo De Amicis, quello del libro Cuore, con gli altri bambini della classe per le vaccinazioni. Non c'erano genitori, solo la maestra e le assistenti sanitarie in quella stanza del distretto socio sanitario che confinava con la scuola. Sono salita anch'io sulle ginocchia di Rita allora, non perché avessi paura della puntura, semplicemente volevo la mamma. Ci dava sempre una caramella, dopo. Non ricordo pianti tra i compagni. Erano gli anni Settanta, quelli delle campagne vaccinali. Eravamo coraggiosi, meravigliosamente bambini come quelli di oggi.

Infermiere

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