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COVID-19

Assegnare i ventilatori in una pandemia, il triage più duro

di Daniela Berardinelli

La pandemia da Covid 19 ci ha colto impreparati. Ci ha condotto ad una carenza estrema di beni e servizi fondamentali per i sanitari, dagli igienizzanti per le mani alle maschere protettive, dai letti di terapia intensiva ai ventilatori. Un articolo pubblicato il 25 marzo sul The New England Journal of Medicine ha evidenziato come tutte le cure mediche debbano essere razionate e le più problematiche sono quelle legate ai ventilatori.

Iniziare o terminare una ventilazione è una scelta di vita o di morte

La Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) il 6 marzo si era già espressa a riguardo pubblicando delle “raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi” sulla base di criteri di appropriatezza clinica, proporzionalità delle cure, giustizia distributiva e appropriata allocazione di risorse sanitarie limitate.

Molti paesi, tra cui il nostro, stanno già affrontando questa grave carenza di respiratori salva vita. Gli USA dispongono attualmente di circa 62.000 ventilatori full function e 98.000 basic. I CDC (Center for Disease Control and Prevention) hanno previsto che per la pandemia Covid-19 potrebbero richiedere l’ospedalizzazione dai 2,4 ai 21 milioni di cittadini americani.

In Italia dal 10 al 25% dei pazienti ospedalizzati richiede una ventilazione, in molti casi anche per settimane (fonte SIAARTI). Sulla base della stima dei casi italiani in America potrebbero necessitare di ventilazione dagli 1,4 ai 31 pazienti per ventilatore. L’allocamento dei ventilatori dipenderà dalla velocità della diffusione del virus e dal numero di pazienti che richiederanno di essere ventilati allo stesso momento.

In medicina la carenza di personale e servizi porta ad un peggioramento degli esiti, ma nel caso dei ventilatori è ancora differente poiché quando i pazienti si aggravano e necessitano di un ventilatore esiste solo una finestra di tempo limitata durante la quale possono essere salvati. E non appena il ventilatore viene rimosso, ai pazienti che ne sono dipendenti, la morte soprassiede in pochissimi minuti.

La scelta di iniziare o terminare una ventilazione è una scelta di vita o di morte. Alcuni stati hanno già sviluppato negli anni passati delle strategie per affrontare il razionamento delle risorse in caso di pandemie. Le linee guida redatte dallo stato di New York si basano sulla probabilità di sopravvivenza del paziente all’episodio di malattia acuto.

Il razionamento delle risorse è operato da una “commissione di triage” composta da operatori che non sono coinvolti direttamente nel trattamento clinico del paziente. Il triage si sviluppa in 3 step: applicazione dei criteri di esclusione (come lo shock irreversibile), valutazione del rischio di mortalità tramite il Sequential Organ Failure Assessement (SOFA score), per determinare la priorità di ventilazione. Questa valutazione viene poi ripetuta nel tempo, in modo da valutare l’andamento dei pazienti e, in caso di non miglioramento, prendere in considerazione la rimozione del ventilatore e renderlo disponibile per qualcun altro.

Anticipando il bisogno di allocare i ventilatori a chi ne potrà trarre il maggior beneficio, gli specialisti potranno già discutere con i loro pazienti e familiari riguardo la scelta di portare avanti o meno un’intubazione, prima che il loro stato di salute si deteriori. Una volta posizionato il ventilatore, la scelta di rimuoverlo diviene molto ardua.

Fino a non molti anni fa i medici stessi consideravano l’opzione di rimuovere un ventilatore come un atto omicida, proibito dalla legge e dall’etica. Ad oggi lo scenario è completamente cambiato e rimuovere tale presidio, su richiesta del paziente, è considerato un dovere etico e deontologico.

In tempi non di pandemia, anche con scarse chance di sopravvivenza il supporto ventilatorio sarebbe stato perseguito, ora no. In Italia sono già visibili immagini di sanitari che piangono lungo le corsie ospedaliere per le scelte che dovranno intraprendere. L’angoscia che accompagna i clinici durante queste decisioni non è da sottovalutare, anzi, potrebbe lasciare loro degli importanti disturbi post traumatici.

Cos'è la Commissione di triage

Una strategia per evitare questo esito tragico è quella di utilizzare una commissione di triage proprio per sollevare i clinici da tale peso. Tale commissione dovrebbe essere composta su base volontaria da medici competenti e riconosciuti come leader dai loro pari e dalla comunità scientifica. La costituzione di questa commissione permetterebbe ai medici e agli infermieri dei reparti di svolgere il loro lavoro nel modo più tradizionale possibile, mettendo in atto il loro ruolo di advocacy nei confronti dei pazienti.

Il lavoro della commissione sarebbe quello di cercare di assicurare ai pazienti l’assistenza migliore e prendere decisioni imparziali. Sulla base dell’aumentare o del diminuire della disponibilità di ventilatori la commissione potrebbe ancora variare i propri criteri di allocazione per assicurare gli outcome migliori ai pazienti.

In tal modo, nel momento in cui gli ospedali si troveranno nella tragica situazione di dover compiere delle scelte ardue e che potrebbero nuocere ai propri pazienti, tale responsabilità non ricadrà su un singolo individuo ma su tutti i membri della commissione, il quale ha come unico compito quello di salvare il maggior numero di vite possibili. Al fine di alleviare il più possibile il lavoro dei clinici nei reparti la commissione stessa potrebbe assumersi il compito di comunicare la decisione alla famiglia, evitando incomprensioni o confusione.

I medici e gli infermieri delle corsie non saranno lasciati soli nella sospensione delle ventilazioni ma supportati da un team esperto in cure palliative e supporto alle famiglie. Ad oggi il dolore e la sofferenza nel fine vita possono essere alleviati e a questi pazienti dovrà essere assicurato l’adeguato trattamento.

Nelle prossime settimane sarà richiesto ai medici di compiere delle scelte mai affrontate prima e per le quali molti di loro non sono stati nemmeno preparati. L’istituzione di queste “commissioni di triage” con personale adeguato, formato per affrontare le pandemie e l’utilizzo di raccomandazioni scritte precedentemente, potrebbero essere di aiuto e di supporto all’enorme carico emotivo, spirituale ed esistenziale al quale tutti i caregiver saranno sottoposti.

NurseReporter

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