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Salute

Ridotto il consumo di antibiotici, frena antibioticoresistenza

di Monica Vaccaretti

Nella maggior parte dei Paesi che hanno ridotto l'uso degli antibiotici si è avuta una corrispondente diminuzione dei livelli di resistenza. Poiché tale tendenza si è notata in quasi tutti i paesi dell'Unione Europea, l'emergenza risulta quindi in calo ad eccezione dell'Italia dove, seppur in linea con la media UE del ridotto consumo di antibiotici per uso umano, si registra ancora un alto uso negli animali. È quanto emerso dal rapporto congiunto sull'analisi integrata del consumo di agenti antimicrobici e della comparsa di resistenza antimicrobica (Amr) nei batteri provenienti da esseri umani e animali da produzione alimentare, pubblicato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e l’Agenzia europea per i medicinali (Ema)

Antibioticoresistenza, i dati del IV° report Ema-Ecdc-Efsa

antibioticoresistenza

L'Italia è in linea con la media europea nel ridotto utilizzo di antibiotici per uso umano, si registra però un alto uso negli animali.

Il fenomeno dell'antibioticoresistenza (AMR, Antimicrobial resistance) nasce dal dannoso abuso di antibiotici, un uso continuo ed inappropriato sia in medicina umana che veterinaria. Tale pratica, che rende resistenti molti ceppi di microrganismi patogeni rendendoli capaci di provocare malattie differenti per severità ed incidenza, rappresenta negli ultimi decenni una grave minaccia globale per la salute pubblica ed animale.

Tuttavia, risulta che la resistenza dei batteri agli antibiotici è in diminuzione laddove è stato ridotto il consumo di antibiotici sia negli esseri umani che negli animali. Lo rileva il quarto rapporto sul fenomeno, elaborato e pubblicato dal Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dall'Agenzia europea per i medicinali (Ema).

Il documento conferma che la resistenza batterica negli esseri umani può essere collegata alla resistenza batterica negli animali destinati alla produzione alimentare, in quanto i batteri animali possono diffondersi alle persone attraverso il cibo, ma dimostra altresì che le preoccupanti tendenze relative alla resistenza agli antibiotici possono essere invertite con azioni e politiche giuste.

Dopo aver raccolto i dati tra il 2019 e il 2021, le tre agenzie europee hanno condotto un'analisi integrata sulle tendenze del consumo di agenti antimicrobici e della comparsa di resistenza antimicrobica nei batteri provenienti da esseri umani e da animali destinati alla produzione alimentare.

Esaminando il fenomeno nel periodo dal 2014 al 2021, i ricercatori hanno notato che le tendenze stavano già cambiando in quegli anni con una significativa riduzione del 44% nel consumo di antibiotici negli animali da produzione alimentare.

Il rapporto ha confermato che importanti categorie di antibiotici (carbapenemi, chinoloni, cefalosporine di terza e quarta generazione) sono associati a resistenza nell'E. Coli umano mentre l'uso di chilononi, polimixene, aminopenicilline e tetracicline negli animali destinati alla produzione alimentare è associato alla resistenza riscontrata nell'E. Coli animale.

Dalla ricerca emerge tuttavia che batteri come l'Escherichia coli sono diventati meno resistenti agli antibiotici in virtù di un consumo complessivo ridotto. Si è osservato che nella maggior parte dei Paesi che hanno ridotto l'uso degli antibiotici si è avuta una corrispondente diminuzione dei livelli di resistenza.

Poiché tale tendenza si è notata in quasi tutti i paesi dell'Unione Europea, l'emergenza risulta quindi in calo ad eccezione dell'Italia dove, seppur in linea con la media UE del ridotto consumo di antibiotici per uso umano, si registra ancora un alto uso negli animali.

Utilizzare meno antibiotici nella produzione animale dà i suoi frutti. Ciò significa che gli sforzi nazionali funzionano. Ed evidenzia l'impegno dell'Unione Europea nell'approccio One Health che, riconoscendo il legame circolare tra la salute delle persone e quella degli animali, le salvaguarda entrambe a livello globale, ha dichiarato il direttore esecutivo dell'Efsa, Bernhard Url.

Sottolineando come l'accesso a dati affidabili sul consumo e sulla resistenza delle persone e degli animali faccia davvero la differenza nella lotta contro il fenomeno, il direttore esecutivo dell'Ema, Emer Cooke, ritiene che i paesi europei possano ottenere, attraverso progetti condivisi, utili informazioni sull'impatto delle misure che adottano insieme. Ciò consente loro di intraprendere ulteriori azioni per promuovere l'uso prudente degli antibiotici, conclude.

Stimando che la resistenza antimicrobica provochi soltanto in Europa la morte di oltre 35 mila persone e considerando che il fenomeno incide significativamente sulla spesa dei sistemi sanitari europei, le tre agenzie ritengono doveroso che gli Stati continuino gli sforzi per contrastare il fenomeno, incrementando la riduzione del consumo, promuovano una sorveglianza armonizzata sia nel settore umano che in quello animale, essendo interconnessi, e svolgano studi mirati per comprenderne meglio la diffusione.

Infermiere

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