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Editoriale

Viva l’Italia della salute pubblica

di Giordano Cotichelli

C’è un ospedale che brucia. Ci sono delle vittime, dei morti, degli intossicati, decine e decine di persone evacuate, locali devastati e la struttura posta sotto sequestro. Accade in Italia. Non a Gaza, o in Ucraina, o in qualsiasi parte del mondo dove la miseria e la morte a noi ricchi europei sembra meno miseria e meno morte. Accade in Italia, a Tivoli dove il locale ospedale è stato pesantemente danneggiato da un incendio sulle cui cause si sta indagando dalle prime ore della tragedia. Dagli schermi dei notiziari il Direttore sanitario, il Presidente della Regione Lazio ed anche il Ministro della Salute mostrano il giusto rammarico e vicinanza verso le vittime, ma non rispondono alle domande dei giornalisti che li incalzano sulla sicurezza della struttura. Tutti rimandano alle perizie dell’autorità giudiziaria che si prenderà cura del caso. Giusto, ma fino ad un certo punto, in quanto il fatto, sotto gli occhi di tutti, è che un ospedale non può prendere fuoco, piccolo o grande che sia. Un incendio deve essere controllato sin dall’inizio, la modernità di questo nostro paese lo garantisce e lo impone allo stesso tempo. Ci sono le porte tagliafuoco, le vie di fuga codificate, le squadre antincendio, i sistemi di allarme, gli estintori, i sistemi di irrigazione automatica e molto altro ancora. Non può scoppiare un incendio in un ospedale e renderlo in agibile. Non qui, non da Noi, in una diversità semantica rivendicata non come un diritto, ma quasi come un privilegio da esercitare, distinguendosi da chi brucia a Gaza o in Ucraina o in Yemen.

Incendio all’ospedale di Tivoli

I danni subiti dall'ospedale di Tivoli in seguito all'incendio.

La questione è molto più semplice di quanto non appaia. L’incendio dell’ospedale di Tivoli è un importante indicatore della cattiva salute in cui versa il Sistema sanitario nazionale, nonostante il grido di allarme sia stato lanciato da tempo, da troppo tempo. Ed ancora nell’attualità dell’oggi, non passa giorno in cui in un qualche media locale o nazionale non venga sottolineato come sia sempre più drammatica la carenza di personale e l’inadeguatezza di molte strutture sanitarie.

In merito alla sicurezza antincendio, ad esempio, dei 511 ospedali pubblici presenti in Italia un terzo, in numero di 170, non è a norma in relazione alla prevenzione degli incendi. E questo viene rilevato proprio mentre nel paese si alternano gli scioperi dei sanitari per ottenere risposte concrete che possano arginare, almeno in parte, le cattive condizioni attuali della sanità italiana.

Non è solo una questione di stipendi, è molto di più. È tutto il degrado che si è accumulato in questi decenni. Solo negli ultimi dodici anni (periodo pandemico escluso) sono stati tagliati 37 miliardi del Fondo nazionale. L’attuale esecutivo dice di aver stanziato la cifra più alta di sempre, con un aumento di 11,2 miliardi per il prossimo triennio. Da più parti viene sottolineato come questi soldi non basteranno a recuperare neanche l’inflazione presente, capirai se riusciranno a lenire le conseguenze di anni ed anni di abbandono.

Proprio qualche giorno prima della tragedia di Tivoli, a parlare della gravità della situazione sanitaria, fra i tanti, sono intervenuti undici direttori dipartimentali dell’ospedale regionale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Torrette di Ancona che in una lettera pubblica parlano dell’“allarmante degrado degli standard assistenziali e di sicurezza delle cure”. Un quadro in cui sia l’attività di cura ed assistenza sia quella formativa del polo universitario vengono considerate come pesantemente messe a rischio.

Una voce fra le tante che si alzano a parlare, in generale nel Belpaese, di tutto quello che riguarda la prevenzione e la riabilitazione, il territorio, tanto decantato quanto lasciato a sé, e l’equità delle prestazioni. E il perenne problema delle liste di attesa sulla cui risoluzione ormai non crede più nessuno. Manco in campagna elettorale. Il tutto in un quadro peggiorato inoltre dal progressivo invecchiamento di un personale costretto a restare in servizio sia per l’assenza di un programmato turn-over, sia per la mancanza di sanitari neoformati in numero adeguato, ma soprattutto a causa di una riforma vigliacca dei conteggi pensionistici, operata da questo esecutivo, che prolungherà di ulteriori tre anni, o quanto meno fino a sessantasette anni, l’uscita dal lavoro di sanitari che sono arrivati oltre lo stremo delle loro forze.

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Commenti (1)

MaxGen76

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40 commenti

…sarà la goccia che fa traboccare il vaso?

#1

Ci risiamo…malasanità e inosservanza delle regole! Si parla sempre di fondi, sempre pochi…! Ma tali soldi, visto che solo la minima parte finisce nelle tasche del personale non medico (se arriva), figuriamoci per garantire la giusta sicurezza ai nosocomi e di conseguenza ai degenti che già hanno i loro problemi, che fine fanno? Si può a ridosso del 2024 assistere impotenti a tutto ciò? L’ospedale dovrebbe essere un luogo dove ci si prende cura dei pazienti e non, dove si rischia la vita degli stessi…soprattutto per queste cause! Eppure ci risiamo…ma ecco l’ennesima sveglia!
In Italia di solito, non si previene, ma si corre ai ripari quando accade qualcosa di tragico…con qualche eccezione….!
Incidente=semaforo/rotatoria!
Pandemia? Nulla di fatto!
Incendio?…ai posteri l’ardua sentenza….!
Un tempo non esistevano le leggi su citate a sottolineare l’inadeguatezza dei nosocomi in caso d’incendio, e fortunatamente accadevano di rado! Certo non essendoci piani e strategie di oggigiorno, quando accadevano era un ecatombe! Oggi che comunque si mettono a disposizione “sempre pochi” ma comunque soldi, per prevenire tali disgrazie, vedere ciò che accade, lascia vero sgomento!
Quand’è che ci uniformiamo all’Europa di cui, solo nominalmente ne facciamo parte?
Quand’è che riusciremo a capire che con la salute del popolo non si scherza? Fondi sempre più limitati, voragini causate da burocrazia e mala gestione delle risorse! Demansionamento, sfruttamento, personale al di sotto dei minimi standard di sicurezza, sottopagati, non riconosciuti, senza possibilità alcuna di carriera (prerogativa esclusiva delle caste!). Infermieri dottori, ma di fatto ancillari e tutto fare, gli unici ad essere svegli tutta la notte, agendo tempestivamente! E lo dimostra il fatto che il numero delle vittime (sempre alto!) è stato contenuto, poteva essere una strage! A differenza dei colleghi europei, non trattati per titolo di studio, competenze e giustamente retribuiti! L’Italia è desta?