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indagine diagnostica

Villocentesi, il prelievo di villi coriali

di Sara Visconti

La villocentesi è un esame invasivo che consiste nel prelievo di una piccola porzione di villi coriali - piccole propaggini della placenta in formazione - che permette di diagnosticare anomalie cromosomiche o genetiche. Si esegue nel primo trimestre di gravidanza, tra la 10a e la 13a settimana di gravidanza. Il rischio che la villocentesi causi complicazioni è maggiore se è eseguita prima della 10a settimana di gravidanza ed è per questo motivo che il test è effettuato solo dopo tale epoca gestazionale.

Perché si esegue la villocentesi

La villocentesi è una procedura di diagnosi prenatale invasiva che permette di effettuare:

  • indagini citogenetiche per la diagnosi di anomalie cromosomiche e di sesso per le malattie legate al cromosoma X
  • indagini biochimiche per la diagnosi di errori congeniti del metabolismo
  • analisi del DNA per la diagnosi delle malattie ereditarie monogeniche di cui si conosce il sito del gene anomalo responsabile della malattia. Il prelievo dei villi coriali rappresenta la metodica di elezione per questo tipo di indagine ed il numero delle malattie oggi diagnosticabile è in continuo aumento, comprendendo fra le altre: talassemia, distrofia muscolare di Duchenne e di Becker, fibrosi cistica, emofilia A e B.

Rischi correlati alla villocentesi

I rischi legati alla procedura sono due: rischio abortivo e rischio infettivo. Sulla base delle prove ad oggi disponibili, il rischio di aborto si considera compreso tra l'1-2%. Il rischio di infezioni uterine è invece inferiore a 1 ogni 1000 donne che si sottopongono a villocentesi.

Il rischio che la villocentesi causi complicazioni è maggiore se è eseguita prima della 10a settimana di gravidanza ed è per questo motivo che il test è effettuato solo dopo tale epoca gestazionale.

Inoltre, in caso di gravidanza gemellare bicoriale, vale a dire con 2 sacche amniotiche che contengono i due embrioni e le rispettive placente, è preferibile ricorrere all'amniocentesi perché l'esecuzione di due prelievi aumenta il rischio di aborto.

Quali risultati

Sono disponibili diversi tipi di analisi di laboratorio per studiare il patrimonio genetico del feto. I test più rapidi forniscono i risultati in pochi giorni, per analisi più dettagliate possono essere necessarie anche due o tre settimane per ottenere l'esito dell'esame. Il risultato potrà essere negativo o positivo per le anomalie ricercate.

Nel caso di positività - e quindi nel caso di accertata condizione patologica - verrà eseguita una consulenza post-test e verranno discusse con la coppia le implicazioni del risultato per aiutarla a valutare quale sia la decisione migliore da prendere. Per la maggior parte delle malattie genetiche, purtroppo, non ci sono cure.

Se si decide di proseguire la gravidanza è opportuno avvalersi del supporto dei professionisti sanitari per scegliere il luogo più appropriato per il parto e predisporre eventuali trattamenti specifici per i bisogni del bambino. Se si decide di interrompere la gravidanza, mediante un aborto terapeutico, si riceveranno informazioni su dove e come effettuare l'intervento in base alla settimana della gravidanza.

Infine, in 1 caso su 100 può accadere che il risultato dell'esame non sia chiaro. Ciò può avvenire perché il campione di tessuto prelevato è insufficiente per effettuare i test di laboratorio necessari o perché i risultati suggeriscono la possibilità che un’anomalia riscontrata sia presente nei villi coriali, ma non nel feto. In questi casi è bene parlarne con un genetista. Potrebbe essere necessario ricorrere all'amniocentesi, a distanza di qualche settimana, per confermare la diagnosi.

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