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Dolore

Dolore e sofferenza: la visione francese dell’assistenza

di Redazione

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Contrariamente a quanto si pensava fino a qualche decennio fa il dolore e la sofferenza del paziente non vanno sottovalutati, anzi vanno azzerati. Ripercorriamo le tappe storiche e culturali che hanno portato all’attuale concezione del problema e alla nascita della terapia antalgica moderna.

Come è nata l’attenzione al problema? Un excursus storico e teorico per ricostruire il tutto

Il dolore e la sofferenza devono tendere a zero nell’assistito secondo i principi della terapia antalgica moderna

Il trattamento del dolore è una priorità della sanità pubblica. Ma cos'è e che si può dire del dolore? E della sofferenza? Queste due parole sono spesso male utilizzate dalle persone comuni, poco informate sull'argomento. Nessuno dovrebbe sentire male e soffrire. Perché si ha male? Quali sono le cause? Esistono più tipi di dolore?

Il termine inglese “pain” (dolore) ha origine dal latino “poena” che significa “pena”, “dolore”, “punizione”, “castigo”.

Nell'antica Grecia il dolore era accettato come necessario e inevitabile. Presso i Romani, Aulo Cornelio Celso nel I secolo d.C. indica che il dolore è un segno della malattia. È Galeno a scoprire che il dolore viene espresso quando la persona è cosciente.

Mentre nel Medioevo, dominato dai religiosi, il dolore viene visto come un castigo divino, nel Rinascimento si ricorre all'amputazione senza trattamento antalgico. Cartesio afferma che è il cervello a provocare dolore e nel secolo dei lumi questo viene riconosciuto come sintomatico e dannoso. Nel XIX secolo, con la neurofisiologia viene scoperto il sistema nervoso; in guerra, nelle operazioni chirurgiche, viene utilizzata la morfina. Nel 1910, grazie al chirurgo René Leriche, vengono localizzati i centri cerebrali del dolore. Nel 1951 l'etere è utilizzato come anestetico.

Ai nostri giorni la presa in carico del dolore è divenuta una priorità nel sistema della sanità pubblica attraverso specifici piani governativi, tanto da essere pubblicizzati con la campagna informativa "Lotta contro il dolore".

Con la Legge 38 del 2010 - "Tutela dell'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore", si danno indicazioni organizzative volte a dare forma e sostanza al percorso assistenziale delle cure palliative e della terapia del dolore, sia per gli adulti che per l’età pediatrica, su tutto il territorio nazionale anche se con delle differenze nei modi di pianificarle, organizzarle e gestirle.

Il dolore è un concetto medico e la sofferenza una cognizione del soggetto che la prova. La sofferenza non si misura, poiché è soggettiva; il dolore fisico concerne il corpo, mentre la sofferenza psichica riguarda l'anima e/o lo spirito.

L'Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) indica che il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale sgradevole associata a una lesione dei tessuti reale o presunta. Secondo Freud si tratta di una reazione alla perdita della prova di esistenza attraverso una rottura interiore: un lutto, una separazione o una rottura dell'unità corporea.

Il dolore può essere di diversi tipi; esso è collegato al danno dei tessuti e la sua presa in carico si effettua grazie all’uso dei farmaci antalgici.

Il dolore neuropatico è un meccanismo più raro connesso al danno del sistema nervoso centrale o periferico, caratterizzato da una sensazione di bruciatura, o da colpo di pugnale, di puntura d'ago o ancora di scarica elettrica. Il trattamento richiesto è un antiepilettico o un antidepressivo.

Il dolore psicogeno persiste per un periodo di almeno 6 mesi durante il quale, sia in assenza di una patologia organica o di un processo fisiopatologico in atto, sia che si trovi una causa, i lamenti sono sproporzionati. Pertanto, possiamo suddividere il dolore come segue: 

  • dolore acuto, costituito da lesioni ai tessuti o da infiammazioni la cui durata dipende dai tempi di guarigione delle lesioni stesse; 
  • dolore persistente, può non cedere ai trattamenti e, al contrario, potrebbe intensificarsi; 
  • dolore cronico, quando il soggetto si lascia invadere dalla sofferenza; 
  • dolore immaginario, che è di tipo psicologico.

Per una valutazione del dolore esistono diversi strumenti, tra i più comuni citiamo: la scala numerica, che permette al paziente di valutare il suo dolore tra 0 e 10, ovvero da assente a insopportabile; la scala visuale analogica, che regola il dolore tramite un cursore che si sposta su un listello riportante una scala graduata; la scala verbale semplice, caratterizzata dai termini “assente”, “flebile”, “moderato”, “intenso” o “estremamente intenso”.

Per la persona sofferente è importante conoscere la causa del suo soffrire al fine di evitare una sofferenza supplementare. Spesso l'individuo si sente impotente e cerca di dare un senso per rendere sopportabile un dolore, un lutto o la fine della vita.

Alla domanda "perché proprio a me?" ogni tentativo di comprensione può comportare un senso di colpa, di frustrazione, confusione e paura. Provare dolore è cosa personale, intima, impossibile da misurare e da descrivere.

La persona non può comunicarne l'intensità e la sua natura. Inoltre si soffre in modo diverso da una persona all'altra; ciò dipende da cultura, dall’educazione, dal sesso, dall’età e dalle esperienze dolorose precedenti.

Alcune persone svelano poco o dissimulano il loro dolore, altre si lamentano in modo eccessivo portando il personale sanitario a pensare ad un’esagerazione.

Le conseguenze del dolore si situano a livello psicologico (depressione, calo di umore, ansia, ribasso della qualità della vita), a livello sociale (la persona sofferente si lagna per l'incomprensione degli altri o si dispiace per la loro buona salute), a livello spirituale (poiché la religione dà differente connotazione al dolore e alla sofferenza, occorre porre attenzione alle credenze personali), a livello fisico (sonno, aumento di sensibilità al dolore) e a livello somatico (perdita d'appetito, perdita di peso).

Il dolore non è lo stesso nemmeno fra uomo e donna. L'uomo virile, ad esempio, non mostra la sua sofferenza, ma la contiene per garantirsi la stima nel suo ambito sociale. Le attitudini individuali hanno ugualmente peso nelle manifestazioni del dolore.

Occorre tenere presente che è l'individuo e non il corpo che ha male. Secondo i valori sociali, la classe d'appartenenza, il contesto, le condizioni e la storia personale di ciascuno, il dolore non è vissuto allo stesso modo. L'origine etnica, la storia individuale e collettiva, la cultura e la religione possono avere pari impatto. Le interazioni familiari e il ruolo dei parenti sono da tenere in conto, poiché essi richiamano eventuali sofferenze e malattie avute durante l'infanzia.

Le cause del dolore e della sofferenza sono molteplici

Il traumatismo, ad esempio, è un insieme di disturbi psichici provocati da una ferita o uno choc emotivo o fisico. La ferita è una lesione fisica o psichica fatta involontariamente o mettendo in pericolo qualcuno e provocando dolore. Questo termine è da distinguere dal concetto di mutilazione.

Nelle pratiche sportive, il dolore può essere utilizzato per superare e spingersi più lontano degli altri. L'allenamento permette di rendere il dolore sopportabile.

Vi sono poi alcune pratiche sessuali (sadomasochismo) che contemplano la ricerca di piacere tramite il dolore (psicologico o fisico). Queste pratiche sono fatte di dominio, sottomissione e umiliazione e quando superano un certo limite, la sofferenza prende il sopravvento.

Nel parto tradizionale, il dolore è provvisorio, dunque sopportabile, essendo parte di questo momento. Le grida permettono di esternare la paura e il dolore. In Occidente il "parto indolore" è controllato per evitare la sofferenza e si avvale di tecniche corporee o respiratorie. L'epidurale è un tipo di anestesia che la partoriente è libera di richiedere oppure no ed è impiegata per evitare il parto doloroso permettendo una partecipazione attiva della partoriente stessa.

Altre cause vanno cercate nei riti collettivi e in alcune pratiche di ricerca del dolore come fonte di piacere. In talune società esistono cerimonie quali i riti connessi alla virilità che conducono l'uomo a sopportare e sconfiggere il dolore per mezzo di prove iniziatiche senza mostrare alcun segno di patimento. La scarnificazione è un'incisione praticata a livello superficiale della pelle. I marchi corporali (i tatuaggi e i piercing) permettono di affermare la propria identità o di mostrare l'appartenenza a un gruppo. Storicamente, nelle società occidentali, le persone tatuate hanno anche la reputazione di "duri".

Alcune persone si auto-infliggono incisioni alla ricerca del dolore trasformandolo in fonte di piacere e motivo esistenziale. Il dolore che la persona si impone è all'altezza della sua angoscia psicologica, così una grande sofferenza interiore può essere esteriorizzata e placata da un'offesa fisica. L'estasi è invece uno stato di alterazione che trasporta la persona fuori da sé stessa: la separazione tra corpo e coscienza permette l’astrazione dal dolore.

Infine la tortura è un accanimento violento su una persona vulnerabile e impotente. Per poter resistere alla sofferenza la mente gioca un ruolo preponderante: essa permette di prepararsi al peggio e di guardare alla stima di sé stessi. Dopo un trauma del genere, le conseguenze, numerose, sono psicologiche, somatiche, sociali e fisiche.

L'organizzazione della presa in carico del dolore si diversifica di Paese in Paese: vediamo l’esperienza francese

In Francia il codice della Sanità pubblica invita le istituzioni sanitarie pubbliche e private a mettere in atto le modalità proprie della presa in carico del dolore dei pazienti che accolgono. In tal modo, le istituzioni mediche devono dotarsi di un comitato di lotta contro il dolore (CLUD), incaricato di coordinare l'azione in materia.

Il CLUD è un centro di riflessione e proposizione chiamato a collaborare in modo effettivo e permanente con la direzione dell'istituto, con i servizi clinici, amministrativi e tecnici al fine di proporre una strategia coerente ed efficace.

Responsabilità del CLUD

  • proporre gli orientamenti e le linee-guida più adatti alla situazione locale e questi devono figurare nel progetto dell'istituto;
  • coordinare l'insieme delle azioni e dei servizi per organizzare la presa in carico del dolore quale che sia il tipo, l'origine e il contesto;
  • aiutare lo sviluppo di formazione continua di personale medico e paramedico dell'istituto;
  • suscitare sviluppo di piani di miglioramento della qualità per la valutazione e il trattamento del dolore.

Il Centro di Trattamento del Dolore (CETD) si integra nel piano di presa in carico della qualità di vita dei malati.

In seno a un istituto di sanità, la mission del CETD è:

  • la presa in carico pluridisciplinare del dolore dei pazienti;
  • la collaborazione con i medici di base e l'attività di consiglio per permettere una continuità di cure di buona qualità a domicilio;
  • l'animazione di un comitato di lotta contro il dolore (CLUD), per migliorare nel quotidiano il trattamento del dolore, riducendo in particolare i dolori legati agli esami o alle operazioni chirurgiche.

Poiché il dolore richiede un approccio multidisciplinare, le risposte terapeutiche sono varie secondo l'origine e la natura del dolore e sono adattate alla situazione individuale di ciascun paziente. La presa in carico avviene dunque caso per caso: ciascuno ha la propria sensibilità al dolore e la tolleranza è variabile da un individuo all'altro.

Il trattamento tiene conto del tipo di dolore, delle sue caratteristiche (patologia causale, intensità, durata, localizzazione), dei dati psicologici e sociali del paziente, delle patologie associate e dei loro trattamenti e prescrizioni in corso.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) classifica i trattamenti medicamentosi su tre livelli: 

  • antalgici privi di morfina (paracetamolo, antinfiammatori non steroidei), utilizzati per i dolori di intensità da lieve a moderata; 
  • oppiacei leggeri (ad es. codeina), utilizzati per i dolori di intensità da moderata a severa, o allorquando gli antalgici di livello 1 non siano efficaci; 
  • oppiacei forti (morfina), utilizzati per i dolori intensi o quando gli antalgici del livello 2 non sono efficaci.

Infine, ulteriori tecniche possono dimostrarsi terapeutiche nel portare sollievo al dolore, specialmente quando questo è cronico: dai trattamenti chirurgici alla neuro-stimolazione, dalle tecniche di rilassamento quali lo yoga, il qi gong e la meditazione all'ipnosi, l'arteterapia.

Da un articolo di Julie Hubert – Infirmiers.com

Traduzione italiana a cura di Ornella Augeri – Nurse24.it

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