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Dolore

Terapia del dolore e infusione sottocutanea

di Mario Ripino

Dolore

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Una stima ci dice che i pazienti con cronicità avanzata, e che quindi avrebbero bisogno di cure palliative non esclusivamente terminali, sono circa l'1,5% della popolazione. Ma due italiani su tre ignorano la legge 38/2010, che garantisce ai cittadini il diritto di accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. Il dato emerge dalla prima indagine conoscitiva effettuata dall'Osservatorio volontario per il monitoraggio della terapia del dolore e delle cure palliative della Fondazione nazionale Gigi Ghirotti.

Cure palliative e terapia del dolore

chemioterapia

Cure palliative

Il monito che arriva dai dati dell'osservatorio volontario della Fondazione Ghirotti è piuttosto chiaro. Solo un paziente su tre conosce la legge sulle cure palliative, il 45% non conosce l'utilità dei farmaci oppiacei per le situazioni di dolore cronico o di fasi terminali.

Il punto di svolta in Italia per le cure palliative è arrivato con il Dpcm "Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18/3/2017). Le cure palliative sono infatti state riconosciute come livello essenziale di assistenza, comprendendo in esse anche la gestione organizzata (art.23) delle cure domiciliari. Nei nuovi Lea in pratica è stata riconosciuta e garantita "la specificità specialistica delle cure palliative non più inquadrate nel contenitore indifferenziato delle cure domiciliari rivolte alla non autosufficienza e alle fragilità che non richiedono un approccio palliativo". Rimangono tuttora le differenze tra Regioni e Regioni, alcune particolarmente virtuose dove la rete delle cure palliative e della terapia del dolore è già realtà. Altre, invece, dove siamo ancora molto indietro.

Quando si parla di cure palliative si deve tener presente anche il territorio. Fondamentale in questo approccio è l’intreccio virtuoso tra medico di medicina generale, specialista, famiglia e infermiere, perché le cure palliative a domicilio sono il frutto di una dinamica convergenza assistenziale. Le cure palliative domiciliari così identificate sono dunque il nuovo paradigma della complessità assistenziale, perché riguardano organizzazione dei servizi, percorso clinico, risposta a bisogni psicologici e gestione di profonde difficoltà sociali.

Trattamento via infusione sottocutanea

Uno dei trattamenti più diffusi nella terapia del dolore è l’utilizzo di oppiodi. Per i pazienti negli hospice o in trattamento con cure palliative, gli oppiodi sono lo standard ed effettivamente riducono il dolore in modo efficace. Gli oppiodi includono oppiodi naturali (come la morfina), e sintetici (codeina, idromorfone, metadone, ossicodone, meperidina, fentanyl). Il trattamento con oppiodi punta ad allievare il dolore attaccandosi ai recettori oppiodi sulle cellule nervose. Questo causa un decremento nella trasmissione degli impulsi di dolore al cervello. Molti oppiodi influenzano il sistema nervoso centrale. La somministrazione avviene per via orale o endovenova, intramuscolare o sottocutanea.

Dispositivi nella terapia del dolore

I progressi tecnologici hanno portato a migliorare moltissimo i dispositivi di infusione sottocutanea, come le cannule con protezioni per gli oggetti taglienti, nonché le medicazioni ipoallergeniche. Queste caratteristiche non solo aiutano ad aumentare il comfort del paziente, ma riducono anche il rischio di lesioni da aghi, oltre a fornire al professionista sanitario una confezione sterile contenente tutti i componenti necessari per l'infusione sottocutanea. Tuttavia, gli sviluppi tecnologici da soli non sono sufficienti per migliorare i risultati dei pazienti. La conoscenza del singolo paziente, insieme alla sua diagnosi e al trattamento previsto, influenzerà la scelta del dispositivo per infusione sottocutanea, con l'obiettivo generale di minimizzare il potenziale di complicazioni e migliorare il comfort.

Medicinali infusi direttamente nel flusso sanguigno, cioè per via endovenosa, hanno un effetto istantaneo (Dougherty, 2006). Se un paziente è fortemente ipotensivo e richiede una rapida idratazione, la via endovenosa è ideale in quanto facilita il rapido ripristino dell’idratazione (Barton et al, 2004; Dougherty, 2006). Tuttavia, le complicanze dell'infusione endovenosa possono includere occlusione del dispositivo, flebite meccanica, trombosi, formazione della guaina fibrinosa, occlusione da sospensione persistente e infezioni del flusso sanguigno correlate al catetere (Barton et al, 2004; Gabriel, 2008; RCN, 2010; Ogston-Tuck, 2014 ).

Le infusioni sottocutanee non sono soggette alla stessa gamma di complicazioni dell'infusione endovenosa e sono meno invasive. Per le persone che necessitano di cure palliative che non sono in grado di ricevere i loro farmaci per via orale, la via sottocutanea può quindi essere utilizzata per l'infusione di farmaci per controllare sintomi quali dolore, nausea e mancanza di respiro. Può anche essere usata per somministrare volumi di fluidi fino a 1500 ml nell'arco di 24 ore per gestire una lieve disidratazione (Sasson e Shvartzman, 2001, Barton et al, 2004; Twycross et al., 2009; Gabriel, 2014b). L'assorbimento di farmaci e liquidi attraverso la via sottocutanea è più lento rispetto alla via endovenosa, ma l'efficacia dei farmaci non è compromessa (Barton et al, 2004).

I dispositivi per infusione sottocutanea consentono una scelta più ampia del sito di inserimento, in quanto il posizionamento del dispositivo non è limitato all'accesso venoso.

I sintomi e le condizioni che possono richiedere l'instaurazione di un'infusione sottocutanea nelle cure palliative possono includere (Sasson e Shvartzman, 2001; Twycross e Wilcock, 2011):

  • Dolore
  • Nausea e/o vomito
  • Disfagia
  • Occlusione intestinale
  • Confusione
  • Incoscienza
  • Disidratazione.

Uno dei vantaggi dell'utilizzo della via di somministrazione sottocutanea nelle cure palliative è il comfort per il paziente. I farmaci sottocutanei possono essere prescritti per essere erogati in modo continuativo nell'arco delle 24 ore tramite un driver per siringa (pompa).

I dispositivi per infusione sottocutanea più diffusi sono quelli a cannula. Le cannule vengono inserite con l'aiuto di un ago introduttore (stiletto). Lo stiletto viene rimosso non appena la cannula si trova nel tessuto sottocutaneo.

In commercio è disponibile un'ampia gamma di dispositivi per infusione sottocutanea, che contribuiscono a migliorare la qualità e la sicurezza dell'assistenza ai pazienti (Torre, 2002; Gabriel, 2014b). Il set di infusione Neria soft 90 è un esempio di un dispositivo che incorpora gli ultimi progressi tecnologici. Ha una cannula in teflon con protezione integrata per gli oggetti taglienti per ridurre al minimo i rischi per gli operatori sanitari causati da ferite legate agli oggetti taglienti. Inoltre, è disponibile in due lunghezze per fornire la massima flessibilità rispetto all'inserimento. I set di infusione Neria™ sono stati testati per l’utilizzo dell’idromorfone, morfina solfato e morfina cloridrato.

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