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Salute

Occuparsi di salute mentale e fisica dei caregiver è un dovere

di Monica Vaccaretti

I caregiver, la cui figura in Italia è riconosciuta dalla legge n.215 del 2017, sono una forza lavoro silenziosa. Spesso sono caregiver anche molti operatori sanitari, che terminato formalmente il loro lavoro come professionisti nel sistema sanitario, continuano l'assistenza nelle loro case e in quelle dei propri familiari, in maniera informale, al pari di individui non operatori sanitari, aggiungendo come tutti fatica a fatica, un giorno dopo l'altro. Se assistere i propri familiari è un dovere dettato da umanità e legame affettivo, tale impegno ha dei costi. Se da una parte può rappresentare un umano investimento che fa risparmiare sotto molti aspetti in quanto ci sono persone che si occupano socialmente di altre persone in maniera spontanea e gratuita, dall'altra chi si fa onere di tale incarico ci mette troppo del suo tempo e delle sue energie vitali, perdendoci in salute.

La salute dei caregiver è anche una questione di equità di genere

caregiver

I caregiver possono essere considerati operatori sanitari familiari che forniscono ai propri familiari un'assistenza informale senza ricevere un pagamento.

Riconoscendo che il caregiving familiare rappresenta un problema globale di salute pubblica in quanto componente crescente e a lungo termine del sistema sanitario, è giunto il momento di riconoscere e premiare il contributo alla società dei caregiver non retribuiti. Essi possono essere considerati operatori sanitari familiari che forniscono ai propri cari, affetti da malattie croniche o disabilità, un'assistenza informale senza tuttavia ricevere alcun pagamento.

Prevedendo che a causa dell'aumento della longevità aumenterà la necessità di operatori sanitari e considerando che è insostenibile per il settore sanitario fare sempre più affidamento su prestatori di assistenza non retribuiti quando essi corrono il rischio di peggiorare la propria salute in virtù di questo gravoso impegno, gli esperti ritengono che sia doveroso dare loro una ricompensa finanziaria, oltre a togliere svantaggi nel lavoro e nell'istruzione, al fine di combattere le disuguaglianze sanitarie evitabili.

È quanto sostengono gli autori di alcuni recenti articoli pubblicati su The Lancet, secondo i quali il sistema sanitario pubblico e le persone malate e con disabilità dipendono sempre più da assistenti familiari che senza essere remunerati si occupano della maggior parte dell'assistenza domiciliare e comunitaria.

Tale bisogno di cure coinvolge un numero sempre maggiore di persone longeve che vivono in età avanzata, con conseguente aumento delle disabilità e delle malattie croniche. Per far progredire la salute globale, occorre riconoscere che le sfide dell'invecchiamento della popolazione sono rilevanti non solo per la salute fisica e mentale degli anziani da assistere, ma anche per le persone che prestano loro assistenza durante tutta la vita.

Sono milioni, secondo il Global State of Caring 2021, rapporto dell'International Alliance of carer Organization che ne stima il 20% della popolazione nel Regno Unito e in Canada e il 5% in Giappone e in Finlandia. In Italia sono circa 8,5 milioni, dei quali 7,3 milioni si dedicano all'assistenza dei propri parenti. Lo rivela l'Istat, secondo cui i dati sono notevolmente aumentati negli ultimi due decenni.

Gli autori ritengono che, pur essendo prezioso il loro contributo al sistema e alle persone, occorre occuparsi delle conseguenze dell'assistenza familiare sulla salute mentale e fisica dei caregiver. Considerando che pur essendo di tutte le età la maggior parte di loro ha un'età adulta ed è di genere femminile, occorre tenere presente che queste persone sono più suscettibili al rischio degli effetti negativi del caregiving. Poiché le donne hanno maggiori probabilità di diventare caregiver, nella prima e nella metà dell'età adulta, la salute dei caregiver diventa inoltre una questione di equità di genere.

Infermiere

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