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Ucraina

Non si arrestano gli attacchi alla sanità ucraina

di Redazione Roma

L’Oms puntualizza poi che nel corso degli ultimi raid sono morte 75 persone e altre 59 sono rimaste ferite. E commenta: L’assistenza sanitaria non dovrebbe mai essere un obiettivo. Intanto gli ospedali ucraini, impreparati ad affrontare gli effetti del conflitto, accusano gravi carenze di personale. Amputiamo gli arti anziché curarli per salvare i feriti gravi, si costernano i chirurghi.

OMS: L’assistenza sanitaria non dovrebbe mai essere un obiettivo

Gli ospedali ucraini versano in condizioni estreme, essendo impreparati ad affrontare gli effetti bellici.

Lo ha ribadito più volte l’Oms. Eppure nell’attacco all’Ucraina sta avvenendo l’esatto contrario e sono arrivati a quota 248 gli attacchi contro le strutture sanitarie sferrati dall’esercito di Vladimir Putin dal principio dell’invasione (il 24 febbraio scorso) al 19 maggio.

L’agenzia Onu per la salute ha altresì precisato che questi ultimi hanno causato la morte di 75 persone e il ferimento di altre 59. Solo pochi giorni fa, il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, aveva affermato che peggio dell’interruzione dei servizi sanitari, che è stata catastrofica in tutta l’Ucraina e aggravata dagli sfollamenti e dal fatto che milioni di persone restano intrappolate in aree di conflitto, incapaci di muoversi, ci sono gli attacchi all’assistenza sanitaria.

Gli stessi ospedali ucraini versano in condizioni estreme, essendo impreparati ad affrontare gli effetti bellici: ciò si traduce in personale insufficiente a curare le ferite da bombardamento. Al punto tale che i chirurgi rimasti amputano arti anziché tentare di curarli, per salvare soldati gravemente feriti (siamo costretti ad amputare arti a ragazzi giovanissimi, ammettono).

E ancora, alcuni ospedali sono rimasti del tutto sguarniti, in altri gli infermieri e i medici hanno deciso di fuggire per provare a mettersi in salvo. Cercando riparo anche in Italia, dove possono esercitare in via temporanea – fino al 4 marzo 2023 – come previsto dal Dl n. 21 del 2022 (“Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina”).

Una misura che, secondo la presidente della Fnopi, Barbara Mangiacavalli, non assume particolare valenza per sostituire gli infermieri di casa nostra, ma può aiutarci per la mediazione culturale con i tanti pazienti ucraini. La stessa Ue, sul proprio portale fa presente che le persone in fuga dall’Ucraina dovrebbero avere ampio accesso alle prestazioni sanitarie ed essere iscritte nel sistema sanitario pubblico dello Stato membro ospitante. Gli operatori sanitari ucraini possono svolgere un ruolo fondamentale per soddisfare nuove esigenze se le loro qualifiche sono rapidamente riconosciute.

Alcuni sanitari, però, non vogliono abbandonare i luoghi del conflitto. A Kramatorsk, nel Donbass, l’ospedale è gestito da un team sanitario più che ridotto. Sono rimasti solamente due dei dieci medici un tempo presenti. Alcuni infermieri li aiutano, lavorando h24 con un solo giorno libero di riposo.

A Sloviansk, invece, è rimasto solo un terzo del personale ospedaliero. Situazioni di questo tipo si ripetono in tutta la regione, con il bilancio dei feriti che aumenta e, di pari passo, sale il fabbisogno di infermieri e medici. Ma è complicato coprire la richiesta, nonostante alcuni volontari siano giunti dall’estero per offrire il proprio supporto. Così un sanitario alla stampa: In Ucraina restano soltanto i più stoici. C’è paura.

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